Sono un sostenitore dello Smart Working.
A parer mio offre vantaggi importanti a tutti i protagonisti: dipendenti, aziende, ambiente, società.
Con un però: deve essere (non aggiungo neanche “ben”) progettato e gestito.
La versione, a dirla tutta di telelavoro, nata in modo artigianale ed a volte con un poco di fantasia causa emergenza, oggi non è più attuale e va radicalmente rivista.
Farò un esempio concreto.
Troppo spesso nelle ultime settimane chiamando un Azienda e parlando con il centralino, ho visto ripetersi lo stesso schema di telefonata.
Eccolo, nella sua forma più lineare e semplificata:
Buongiorno, sono Marchese, posso parlare con Mister X?
Non c’è.
Quando lo posso trovare?
In questo periodo è in smart working.
Non me lo può passare? Avvisare che ho chiamato?
No, se ha la sua email gli può scrivere e sicuramente si farà vivo lui.
Alcune volte ho chiamato come potenziale fornitore, altre come cliente. Non ha fatto alcuna differenza.
Tecnicamente il problema sarebbe risolvibile a costo zero:
- deviazione del numero interno su cellulare
- centralino che chiama il cellulare
- centralino che comunica il cellulare all’interlocutore.
Facile. Sia con strumenti aziendali che BYOD.
Invece no. Lo smartworker, non essendo fisicamente in ufficio, è dato per scomparso. Un ectoplasma.
Comunicare in maniera sistematica con il proprio ecosistema sta alla base della vita di una Azienda. Alzare muri, isolarsi, porta inevitabilmente ad una prematura estinzione.
Il tema è delicato e complesso, riguarda organizzazione e cultura aziendale. Tocca le persone.
A maggior ragione, una Azienda che vuole crescere attraverso la Smart Working lo deve affrontare. Subito, senza se e senza ma.
L’alternativa, arma a doppio taglio, è ritornare indietro.
Una terza via non è prevista.
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